Calabria, quando un uomo dev' essere glorificato e quando, invece dimenticato: il necrologio del comune che esprime vicinanza alla famiglia del killer di Lea Garofalo. Capita in Calabria che un efferato assassino venga ricordato all' indomani del suo suicidio in carcere addirittura con un necrologio del comune. L' accaduto ha scosso le coscienze di buona parte della politica regionale e non solo. La polemica per essere precisi nasce a seguito del necrologio affisso a Camellino, frazione di Petilia Policastro - nel crotonese - con il quale il sindaco e l'amministrazione comunale hanno espresso vicinanza alla famiglia di Rosario Curcio, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Lea Garofalo, suicidatosi nei giorni scorsi. Attacchi e critiche non sono mancati a partire dal governatore della Calabria Roberto Occhiuto e dalla sottosegretaria all'Interno Wanda Ferro, contro l'iniziativa anche Pd e 5 Stelle. Lea Garofalo era una testimone di giustizia. Aveva deciso di denunciare le attività illecite dell'ex compagno Carlo Cosco, legato alla 'ndrangheta. La sera del 24 novembre 2009 cadde nel tranello tesole da Cosco che con la scusa di parlare della figlia, fissò con lei un appuntamento a Milano. La sera stessa fu rapita, portata in un casolare, torturata e uccisa. Il suo corpo fu poi bruciato da Curcio, condannato all'ergastolo in via definitiva nel 2014 insieme ad altri cinque. Il manifesto funebre è un pugno allo stomaco per tutti i calabresi lontani da 'ndrine, cos' si è espresso il governatore Occhiuto - "indecente" l'iniziativa, le istituzioni non devono dimenticare, la 'ndrangheta va sempre isolata" e per Wanda Ferro sottosegretario all' interno il manifesto è "inaccettabile. La mafia vive di simboli e i manifesti funebri rappresentano un inchino delle istituzioni". Il sindaco del comune nel tentativo di metterci una toppa ha detto di avere telefonato alla sorella di Lea Garofalo "per chiedere scusa perché il manifesto non è stato da noi commissionato. Prendiamo le distanze - ha aggiunto - e chiediamo scusa a chi si sente urtato per quello che è accaduto". Il sindaco aveva giustificato l'iniziativa sostenendo che "davanti alla morte si è tutti uguali". Parole respinte al mittente da Wanda Ferro: "No, Lea e l'uomo che bruciò il suo corpo non sono uguali neppure davanti alla morte".

|