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| AU REVOIR PRIMAVERA DEI TEATRI 2013. UN BILANCIO A CALDO DELLA MANIFESTAZIONE CASTROVILLARESE | et at: 02/06/2013 |
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AU REVOIR PRIMAVERA DEI TEATRI 2013. UN BILANCIO A CALDO DELLA MANIFESTAZIONE CASTROVILLARESE - Si è conclusa questa domenica, a Castrovillari, la XIV edizione di “Primavera dei teatri”, una delle più importanti rassegne nazionali sui linguaggi della scena teatrale contemporanea.Un primo dato balza subito agli occhi, a poche ore dalla chiusura della ribalta castrovillarese: il valore complessivamente piuttosto elevato delle proposte contenute nel cartellone di quest’anno. Forse è mancato l’acuto indimenticabile, il capolavoro assoluto, la pièce che cambia decisamente le prospettive del pubblico pagante e degli addetti ai lavori (autori, attori e gli stessi critici); nondimeno, non ci possono essere dubbi sul fatto che la qualità media degli spettacoli scelti dalla premiata ditta La Ruina-De Luca, ossia Scena Verticale, con la valida collaborazione del nocchiero organizzatore Settimio Pisano, sia in definitiva soddisfacente sotto il profilo dei contenuti artistici, e, il che non guasta, bene in sintonia con i gusti e le attese degli spettatori. Da “In fondo agli occhi” dell’attore-autore di culto Gianfranco Berardi a “Un bés. Antonio Ligabue” del Teatro dell’Argine (e di un ottimo Mario Perrotta nelle vesti scomode dello sfortunato pittore emiliano), da “Noosfera Museum” del ieratico Roberto Latini (casamadre: Fortebraccio Teatro. Terzo movimento di un sofferto trittico sul fallimento o quanto meno drastico ripensamento dell’esperienza umana) a “Lo splendore dei supplizi” di Fibre Parallele (e Festival delle colline torinesi) passando per l’ironico e musicale “Morir sì giovane e in andropausa” del dioscuro Dario De Luca e per una serie di altri lavori di discreto impatto, “P.d.T” si è riconfermata appuntamento di punta, in particolare per quel che concerne l’attività culturale a Castrovillari e nel suo territorio, per la verità in generale alquanto asfittica (eventi teatrali in primis, con una stagione comunale raffazzonata e insipida).Poi, per dovere di cronaca occorre sottolineare come, nel corso di quest’ultima settimana o poco meno di full immersion nei “nuovi” linguaggi scenici, in molti – tra critici e spettatori – si siano interrogati su quanto di veramente nuovo e di ascrivibile alla categoria di pura ricerca la rassegna abbia proposto, con risposte alterne e verdetto ancora da scrivere. Se è lecito trovare un motivo conduttore all’interno dell’intera manifestazione, non si può che individuarlo nel tentativo – lodevole, interessante, sostanzialmente riuscito – di affrontare grandi e piccoli temi sulla falsariga di una leggerezza, di un’agilità visiva e formale che non è mai scaduta nel tratto superficiale, nello sbaffo incauto o nel deragliamento artistico. Discorso valido per quasi tutti gli spettacoli visti a Castrovillari, eccezion fatta per “Noosfera Museum”, nel senso – tutto positivo – che questo spettacolo è una magnifica riflessione sulla condizione umana, tutta giocata su un continuo intreccio di astrattezza e corporeità. Anche con il già citato “Un bés. Antonio Ligabue” e con “Mangiare e bere. Letame e morte” di Davide Iodice, ci siamo trovati in dimensioni più complesse, in cui il dramma dell’alienazione e delle responsabilità dell’artista hanno ovviamente un ruolo centrale nei rispettivi impianti drammaturgici, senza però mai cadere nella trappola dell’orazione o, peggio, del cicchetto retorico (benché nella commistione di parola e corpo di “Mangiare e bere” affiorino qua e là alcune ridondanze). Un filo che unisce idealmente gli spettacoli presenti a “P.d.T” è pure la sensazione strisciante di precarietà e indeterminatezza, una sottile ansia sottesa ad ogni performance, ad ogni appuntamento, anche a quello che a prima vista poteva sembrare il più ludico, il gustoso assaggio di “Cucinar ramingo – In capo al mondo” di e con Giancarlo Bloise.Anche lì si respirava aria rarefatta di partenza, pur se impregnata dai profumi delle spezie e del buon vino, e resa frizzante alla lettera dallo sfrigolare delle pietanze Kosher in pentola. Anche lì era palpabile quest’ansia di vivere che ci pervade tutti sul cornicione di questi tempi bui affacciati sul nostro futuro incerto. Quest’ansia di vivere si respirava un po’ dovunque, fra i chiostri del Protoconvento francescano e i luoghi delle rappresentazioni, e agganciava la finzione teatrale alla realtà vissuta, che attraverso le parole, gli atti e le musiche in scena diveniva di volta in volta più comprensibile, o più lontana, o più vera, o più balzana. Una summa divertente di un tal senso di precarietà è rappresentata dall’energico “Morir sì giovane e in andropausa”, sorta di teatro-canzone a metà fra Fred Buscaglione e Giorgio Gaber, ossia fra swing e impegno sociopolitico, in cui Dario De Luca trova la sua condizione migliore, il linguaggio più adatto alle sue corde artistiche, il mezzo espressivo certamente più incisivo, specie se l’autore e attore calabrese proseguirà in questa direzione il suo percorso creativo sviluppando a fondo originalità e coerenza. Non siamo ancora alla maturità piena – e con certi modelli sarebbe stato impensabile – ma di fronte ad un ottimo inizio, con potenzialità ancora sconosciute. Gaetana Evangelista e Antonello Fazio Il voto agli spettacoli visti per voi Lo stupro di Lucrezia (Teatro di Dioniso) – voto 7 Shakespeare parole per parola e grande fisicità degli interpreti (non solo nelle scene di nudo). Il nostro amore schifo (Maniaci D’Amore) – voto 6,5 La banalità della vita di coppia ovvero di un certo amore ovvero come ci si sposa per sopravvivere a se stessi… In fondo agli occhi (Comp. Berardi Casolari) – voto 7,5 La cecità – malattia profonda del nostro Paese – narrata con leggerezza e arguzia. Un bès. Antonio Ligabue (Teatro dell’Argine) – voto 8 Per chi ha visto il dolore estremo e vi ha scorto i segni di una segreta, invincibile dolcezza. Noosfera Museum (Fortebraccio Teatro) – voto 8 Ti convince a resettare un bel po’ di scorie, ti cattura sensorialmente, ti lascia straziato e spiazzato. Ma più libero. Cucinar ramingo - In capo al mondo (Giancarlo Bloise) – voto 7,5 Un viaggio avvolgente e squisito. Letteralmente! Mangiare e bere. Letame e morte (Interno 5) – voto 6 Intuizioni interessanti e vigorose, parole e corpi ancora da plasmare in una cosa sola, qualche lungaggine qua e là. Lo splendore dei supplizi (Fibre parallele/Festival delle Colline torinesi)– voto 8 Un’altra bella riflessione sulla modernità, su giorni trascorsi a rincorrere uno smodato bisogno di rassicuranti “verità”. Morir sì giovane e in andropausa (Scena Verticale) – voto 7 La strada è tracciata. Adatta alle corde, alla presenza scenica e alle qualità vocali di Dario De Luca. Eccellenti i musicisti.
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