|
Italiani, individualisti pentiti, ricerca del Censis su " I valori degli italiani ". Di recente pubblicazione, la ricerca del Censis su " I valori degli italiani " realizzata nell' ambito delle attivita' per le celebrazioni del 150° anniversario dell' Unita' d' Italia. Italiani, individualisti pentiti. Famiglia, gusto per la qualita' della vita, religiosita', amore per il bello, rispetto degli altri: i valori per vivere meglio insieme. Dopo il ciclo dell’individualismo, la riscoperta delle relazioni. Questo in estrema sintesi il risultato dello studio. I più importanti valori che oggi accomunano gli italiani sono il senso della famiglia (indicato dal 65% dei cittadini), il gusto per la qualità della vita (25%), la tradizione religiosa (21%) e l’amore per il bello (20%). l' italia da paese contadino, povero, dominato da un’economia della scarsità e da una società fortemente classista, nella lunga rincorsa che data dal 1861 si è trasformato in uno dei Paesi più industrializzati del mondo. Sul piano dell’evoluzione materiale, l’arco di tempo che va dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni sessanta è caratterizzato dagli effetti del miracolo economico. Decolla la corsa al benessere come motore dello sviluppo e della trasformazione socioeconomica del Paese e la società mostra di sapere prendere al volo le opportunità che vanno maturando, come si evidenzia in modo particolare dal rapporto con i consumi. Nel periodo 1946-1961, ben prima che il benessere si generalizzasse ovunque, i consumi crescono in termini reali del +293,6%, mentre dal 1926 al 1941 erano cresciuti del +14,3%. Gli anni Settanta vedono il moltiplicarsi di famiglie con reddito combinatorio, visto che dal doppio lavoro all’ingresso massiccio delle donne nel mercato del lavoro, dai lavoretti stagionali ai lavori informali e dell’economia sommersa, la struttura delle fonti di reddito delle famiglie va progressivamente articolandosi. E’ su questa diffusa base di crescita del reddito disponibile per la spesa che prende un primo slancio la spinta della soggettività e si avvia il passaggio verso una società dei comportamenti individuali, dei consumi come fattore caratterizzante gli individui. Gli anni Ottanta raccolgono per molti aspetti i frutti positivi delle dinamiche socioeconomiche dei decenni precedenti, l’avvenuta diffusa patrimonializzazione, anche come effetto della imprenditorialità di massa.E la soggettività comincia ad imporsi come modello di vita egemone; alla fine del decennio i consumi raggiungeranno livelli mai raggiunti prima, a testimonianza di una incessante dinamica di crescita. Il primato del soggetto sarà sempre più al cuore della vita sociale; primato del soggetto significa primato dell’essere se stessi, coazione all’essere se stessi, radicamento di una sorta di solipsismo personale, individuale. L’individualismo, quindi, è lo straordinario motore dello sviluppo di massa, ma diventa anche il modo di essere, di percepire la propria esistenza ovunque, non solo nell’economia e nell’impresa. L’onda lunga della soggettività confluisce nell’attuale diffuso disagio individuale e ripiegamento collettivo che richiede il ricorso a strumenti di natura antropologica più che socioeconomica per essere interpretato nelle sue manifestazioni e cause. C’è una fenomenologia ampia e articolata che può essere così riassunta: - la crescita dell’aggressività minuta e diffusa, dovuta a una crescente sregolazione delle pulsioni ed ha effetti sociali molto visibili e di pesante influsso sul vivere collettivo: dalla corruzione del linguaggio alla distruttività dispiegata (i fenomeni di bullismo, le frange di ultras attivi nelle piazze e negli stadi, i crimini inspiegabili, le tragedie intrafamiliari); - la diffusione a macchia d’olio delle grandi patologie individuali, sia quelle di evidente rinserramento individuale interno (depressione, anoressia, dipendenza da droghe, fino al suicidio), sia quelle di crescente indifferenza alla vita collettiva (stanchezza di vivere, rimozione delle responsabilità, crisi della empatia nelle relazioni interpersonali); - la mancanza di senso del futuro e di trascendenza, genera un intrappolamento nel presente. Un rattrappimento che ha radici profonde nella crisi della relazione con l’altro (e l’Altro), nella crisi del sacro e la labilità dei suoi surrogati (l’esoterismo o la new age), nella rimozione del senso del peccato (individuale o sociale che sia), nella negazione della creaturalità in ragione del primato dell’Io, la rottura della continuità fra vita terrena e vita eterna; - la crisi di una mitologia che ha animato in passato i processi di sviluppo socio-economico: l’estinzione del desiderio e piuttosto il primato dell’offerta capitalistica di prodotti e servizi, l’evaporazione della figura del padre, la crisi dell’autorità della legge e delle istituzioni. L’ampia fenomenologia della crisi antropologica ha origine nell’eccesso di individualismo che si è imposto come il vero problema dei nostri tempi.
|